Una preghiera

C’ero già stato molti secoli fa durante un pellegrinaggio nella mia precedente vita terrestre. Che strano essere in un posto che esiste da così tanto tempo.

Il luogo è sempre uguale e gli attuali guardiani sembrano fare il loro dovere. Alcune guide mi informano del fatto che una speciale istituzione di questa piccola città si adopera per mantenere intatte le strutture e le decorazioni dei tempi che furono.


Mi diverte leggere le note storiche. Alcune sono proprio sbagliate e mi diverto a farlo notare alla mia regina, che mi segue per un impegno che abbiamo preso assieme. Alcuni autori non sono correttamente riportati ma al giorno d’oggi deve essere difficile risalire a quei miei tempi lontani.

Le mura sono intonacate di bianco e molto alte. Varie presenze gotiche dichiarano l’età della struttura e le volte di mattoni, al posto dell’usuale legno, dimostra l’abilità che i mastri avevano raggiunto.

Le forti colonne laterali danno un’impressione di potenza e le nicchie ricavate di fianco alla navata centrale sono dedicate ai molti personaggi che vissero dopo la mia morte di allora.

La cupola centrale che sovrasta l’altare maggiore è di mastro Bramante, un italiano si bravo da far scuola al mondo intero.

Ci dirigiamo verso quella che allora era la sagrestia e che oggi pare uno spaccio di oggetti, pur se sacri. Compriamo due, anzi tre, lumini e, sorridendo tra noi, andiamo verso uno dei candelabri appositamente predisposti.

Li accendiamo ed intanto recitiamo silenziosamente una preghiera. Era questo il nostro impegno.

Silente

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